«Ma
andrò a vedere il mio caro figlio,
voglio
conoscere per quale sventura
è
in pena anche lontano dalla guerra.»
Dopo
queste parole Teti lasciô la grotta
con
le Nereidi che la seguivano piangendo.
Intorno
a loro si apriva l’onda del mare
e
quando arrivarono a Troia fertile di campi,
una
dietro l’altra andarono sulla riva.
Là
in secca stavano fitte le navi dei Mirmidoni
intorno
ad Achille che gemeva disperato.
La madre s'avvicinô a lui e con profonde lamento
gli
prese la testa nelle mani e fra le lacrime
gli
disse parole rapide: «Perché piangi, figlio?
Perché
soffre il tuo cuore? Non nascondermi nulla,
parla.
Il tuo maie viene da Zeus. Tu con le mani
alzate
al cielo pregavi che i figli degli Achei,
senza
di te, fuggissero lungo le navi
avendo
dura sorte». Achille continuando a piangere
così
le disse : « Si, è stato Zeus, madre mia.
Ma
che gioia posso avere se il mio caro Patroclo
è
morto? lo lo arnavo più di tutti i miei compagni,
anzi
corne me stesso. E ora l’ho perduto.
Ettore
l'ha ucciso, l’ha spogliato delle grandi armi
meravigliose,
bellissime. Gli dei
le
avevano offerte in dono a Peleo ».