Les Adieux d'Andromaque à Hector

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LIBRO VI
 
 Ettore e Andromaca
versi 369-493
 

 Udite le parole, Ettore dall’elmo lucente

 andò via, e presto giunse alla sua grande casa.

 Ma non vi trovô Andromaca dalle bianche braccia :

 col bambino e una schiava dalla bella veste

 stava sopra la torre, piangente, addolorata.

 Quando Ettore non vide la sposa, ritornò nell’atrio

 e disse alle schiave: «Voglio subito la verità,

 dove è andata Andromaca? Dalle mie sorelle

 o dalle mie cognate, o al tempio di Atena

 dove molte Troiane pregano la dea tremenda?».

 Quella che guidava premurosa le schiave,

 così gli rispose: «Ecco la verità che chiedi:

 non è dove tu dici. Sta sull’alta torre di Ilio :

 ha saputo che i Troiani sono in rotta

 e che la forza degli Achei è immensa. Andromaca

 è corsa verso le mura, in ansia, come folle,

 con la nutrice che le porta il figlio».

 Appena la schiava finì di parlare,

 Ettore si précipitò fuori dal palazzo,

 e per la stessa via di prima, lungo belle strade,

 traversò la città fino alle porte Scee.

 Di qui voleva uscire in campo, quando

 gli venne incontro di corsa Andromaca,

 la ricca sposa, figlia del nobile Eezione,

 che sotto il Ploco boscoso, in Tebe lpoplacia

regnava sulle genti di Cilicia. E sua figlia

 stava ora con Ettore. Gli venne dunque incontro

 con la nutrice che aveva in braccio il bambino,

 il figlio amato di Ettore, simile a una chiara stella.

 regnava sulle genti di Cilicia. E sua figlia

 stava ora con Ettore. Gli venne dunque incontro

 con la nutrice che aveva in braccio il bambino,

 il figlio amato di Ettore, simile a una chiara stella.

 Scamandrio lo chiarnava il padre e gli altri Astianatte

 perché Ettore difendeva Ilio da solo.

 Egli sorrise in silenzio guardando il bambino ;

 ma Andromaca, vicino a lui, piangeva. Poi

 gli prese la mano dicendo : « Ti perderai

 per il tuo coraggio, infelice. Del figlio

 non hai pietà, né di me disperata

 che presto sarò vedova. Gli Achei ti uccideranno :

 sarai assalito da tutti. Meglio, non avendo più te,

 scendere sotto terra. Non proverò più gioia,

 solo dolore. Non ho più padre né madre.

 Achille uccise mio padre e distrusse Tebe,

 la città dei Cilici dalle alte porte.

 Non spogliô Eezione : aveva paura nel cuore,

 e lo fece bruciare con le belle armi.

 Sopra gli innalzò un tumulo di terra, e intorno

 le ninfe dei monti, figlie di Zeus,

 vi piantarono degli olmi. l miei sette fratelli

 che erano con me nella reggia, nello stesso giorno

 scesero nell’Ade colpiti dalle frecce di Achille

 vicino alle mandrie di buoi e di bianche pecore.

 Mia madre che regnava sotto il Ploco boscoso,

 portata qui da Achille con tutte le sue ricchezze

 fu liberata con un forte riscatto ; ma l’arciera

 Artemide la uccise nella reggia di mio padre.

 Tu, Ettore, sei per me, padre, madre, fratello,

 giovane sposo. Abbi pietà di me: resta qui

 sulla torre : non fare di tuo figlio un orfano

 e di me una vedova. Ferma l’esercito vicino

 al fico selvatico. Di là è facile attaccare Troia

 scalando il muro. I più valorosi,

 quelli che stanno con i due Aiaci, con Idomeo,

 con i figli di Atreo e il figlio di Tideo,

 per tre volte tentarono l'assalto da quel luogo,

 o perché informati da un indovino

 che lo conosceva o guidati dal loro coraggio».

 Allora il grande Ettore le rispose :

 « Certo, donna, tutto quello che dici è caro anche a me,

 ma avrei molta vergogna dei Troiani e delle Troiane

 dai lunghi pepli se restassi come un vile lontano

 dalla guerra. Né l'anima mia lo vuole :

 ho imparato a essere sempre coraggioso

 e a battermi nelle prime file dei Troiani

 con grande gloria per mio padre e per me.

 So bene questo nella mente e nel cuore :

 un giorno la sacra Ilio verra distrutta

 e Priamo e i suoi soldati saranno sconfitti.

 Non m'importa nulla, né il dolore future dei Troiani,

 né quello di Ecuba o dei re Priamo o dei miei fratelli

 che numerosi, forti, cadranno forse nella polvere

 per mano dei nemici. Tanta angoscia

 avrò invece per te quando qualcuno degli Achei

 ti porterà via piangente, come schiava.

 E vivendo in Argo devrai tessere la tela

 per un'altra e prendere acqua alla fonte

 Messeide o Iperea. E anche non volendo

 vi sarai costretta dalla dura sorte

 che pèsera su di te. E talvolta qualcuno

 se ti vedrà in lacrime potrà dire: 'Ecco

 la sposa di Ettore, primo dei Troiani

 quando lottavano per llio’ Certo un giorno

 ti diranno cosi; e sarà nuovo dolore per te.

 Rimpiangerai l’uomo che poteva allontanare

 la tua schiavitù. Ma che la terra mi ricopra

 prima di sentire le tue grida mentre ti portano via».

 Detto questo, Ettore tese le braccia al figlio ;

 ma egli si voltò verso il seno della nutrice,

 urlando spaventato dall’aspetto del padre,

 dalla lancia e dal cimiero irto di crini di cavallo

 che vedeva agitarsi terribili sull’elmo.

 Sorrisero il caro padre e la nobile madre,

 e subito Ettore si tolse l’elmo e lo posò per terra

 luminoso. Poi baciò il figlio amato,

 lo fece saltare sulle braccia e disse pregando Zeus

 e gli altri Numi: «Zeus, e voi dèi dei Cielo,

 fate che mio figlio cresca e diventi come me

 uno dei primi Troiani, pieno di forza,

 e che regni sovrano su Ilio, così che qualcuno

 possa dire di lui che torna dalla guerra :

 'È molto più forte dei padre’. E che porti

 le spoglie insanguinate di un nemico

 e ne abbia gioia in cuore la madre».

 Dopo queste parole mise il figlio

 in braccio alla cara sposa. Ed essa lo strinse

 al petto odoroso sorridendo fra le lacrime.

 Ettore si commosse, l’accarezzò con la mano

 e le disse: «Non essere in pena per me,

 infelice. Non uno, contre il destino,

 mi farà precipitare nell’Ade. E ancora

 ti dico che nessuno può evitare la Moira

 già dalla nascita, sia coraggioso o vile.

 Ora torna al tuo lavoro,

 il telaio e il fuso, e ordina alle schiave

 di curare la casa. Gli uomini di Ilio

 penseranno alla guerra: io più degli altri: